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Castellacci: “Il protocollo della Federcalcio non condiviso con i medici del calcio”

Lo storico medico della Nazionale di calcio Enrico Castellacci, attuale presidente di LAMIA (Libera Associazione Medici italiani del calcio), ha rilasciato ieri interessanti dichiarazioni a Sport-Lab.it in merito alla ripartenza dei campionati.

Di seguito alcuni stralci dell’intervista che potrete leggere integralmente cliccando QUI.

“L’auspicio di tutti sarebbe quello di rivedere il campionato, cosa difficile. Questo è un periodo drammatico sotto vari punti di vista. C’è voglia da parte della Federazione di vedere completato il campionato, anche per i problemi economici che comporterebbe un’eventuale interruzione. Questo, però, lo deciderà il governo. Bisogna anche dire che un giocatore professionista non può stare quattro mesi senza allenarsi. Dovremmo studiare un metodo per farli allenare in sicurezza, magari con protocolli diversi rispetto a quelli messi sul tavolo finora”.

“Il protocollo della commissione della Federcalcio non ha soddisfatto il comitato tecnico-scientifico. Noi medici del calcio – parla da presidente Lamica – non siamo stati invitati al tavolo, nonostante fossimo un punto importante in questo progetto. Avremmo gradito portare le nostre idee. In alcune categorie – Serie B e Lega Pro – si vivono momenti diversi. L’applicazione dei protocolli in Serie C è fuori dalla realtà, perché ci sono più carenze rispetto alla massima serie. Noi l’avevamo detto subito, sostenendo da principio che questi protocolli escludono molte categorie, oltre al fatto che sono difficili anche da applicare in Serie A. Ci sono molti punti oscuri”.

Alla domanda sul perché il protocollo della commissione della Federcalcio non sia stato condiviso con i medici del calcio, Castellacci ha risposto:

“Effettivamente è anomalo. Noi lo diciamo apertamente, perché conosciamo la realtà dei campi. Avremmo potuto dare e potremmo sicuramente dare un contributo importante. Chiediamo solo che sia ascoltata la voce del medico del calcio, ormai una figura classica nei club. Mi auguro che le istituzioni federali si rendano conto che sia stato un errore, ma c’è sempre tempo per cambiare idea. Noi siamo sempre pronti a dare il nostro contributo”.

“I punti oscuri dei protocolli vanno chiariti. La Federcalcio ha detto che li avrebbe ripresi. Nel protocollo si dice che qualora si dovesse trovare un giocatore positivo al Covid-19 l’atleta sarebbe messo in quarantena, gli altri invece sono limitati a dei semplici accertamenti, senza quarantena. Questo contrasterebbe col Dpcm governativo. Bisogna chiarire questo punto, prendendo spunto dal protocollo tedesco: in Germania si mette il giocatore in quarantena e si fanno più tamponi agli altri. Se sono tutti negativi si continua. Per fare questi ci vogliono grandi spazi, centri sportivi e nessuna contaminazione esterna per creare ambienti sterili. Tutto questo è difficile applicazione”.

Proseguendo nell’intervista, Castellacci ha espresso anche un suo parere sull’operato del comitato tecnico-scientifico e sul lavoro del ministro Speranza:

“A livello sportivo ci sono state molte incertezze. Capisco le cautele che ci dovevano essere, perfettamente giustificate. Quand’ero in Cina ho vissuto una situazione analoga, quindi ho vissuto il virus quando è cominciato in Cina. Gridavo alla prudenza, ma capisco che un governo possa essere cauto nella ripresa. Non capisco il motivo per cui i giocatori di calcio non possano allenarsi, quando invece è stato dato il via libera per gli sport individuali. Non è comprensibile, visto che ci sono club con più campi per gestire gli allenamenti”.

Ed ecco, infine, qual è il pensiero di Castellacci in merito alla ripresa del campionato:

“Non sta a noi decidere. Il parere personale non ha senso, qui dobbiamo tenerci pronti a quello che decide il governo. Bisogna fare dei protocolli rigidi ma applicabili. Fatto sta che i giocatori, anche se non dovesse ricominciare il campionato, i giocatori devono cominciare ad allenarsi. Andrebbe fatto un protocollo più semplice anche per la B e la C, perché anche loro hanno diritto ad allenarsi. Fare dei protocolli senza concretezza non ha senso logico”.

 

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