Contropiede Azzurro

“C’era una volta il calcio”: intervista ad Alessandro Renica

Alessandro Renica può essere definito come una delle bandiere del Napoli. Con la maglia azzurra ha giocato dal 1985 al 1991 vincendo praticamente tutto. Ha vinto 2 scudetti nel 1986-87 e nel 89-89, la Coppa Italia  nel 1986-87, la Coppa Uefa 1988-89 e la Supercoppa Italiana nel 1990. Baluardo della difesa azzurra, Renica ad oggi è ancora all’interno del mondo del calcio come allenatore.

Buongiorno Renica. Per prima cosa le vorrei chiedere qual è il ricordo più bello che ha dei suoi anni a Napoli?

“Diciamo che ne sono tanti, ma l’aver fatto parte della squadra che per prima ha messo un sigillo così importante come quello del primo scudetto è il più bello. Fu uno scudetto sudato e faticoso e meritato, siamo riusciti in qualcosa di straordinario. La partita contro la Juve nel girone d’andata ci diede quella consapevolezza di poter vincere. In quella partita, nel secondo tempo, li prendemmo a pallonate, quello ci fece capire che poteva essere davvero il nostro anno.”

Invece qual è stato il momento più difficile che ha vissuto a Napoli?

“Quando abbiamo perso lo scudetto contro il Milan dopo quella famosa sconfitta per 3-2 contro di loro al San Paolo. Quello scudetto lo meritavamo sicuramente di più di quello del 1990, perderlo ha fatto male. Fu davvero dura, ci furono momenti difficili con i tifosi, una tifoseria passionale fatta di eccessi nel bene e nel male.”

Il Napoli in cui lei ha giocato poteva vincere ancora di più?

“Assolutamente. La squadra era formidabile, ma purtroppo alle volte ci sono delle condizioni ambientali che fanno far male da soli. Tutti devono fare di più per aiutare il Napoli e vederlo ad alti livelli con continuità. Ad oggi il Napoli per arrivare al livello degli anni in cui giocavo io deve investire di più in altri settori.”

Cosa intende per altri settori?

“Sicuramente nelle strutture. Già quando giocavo io ci allenavamo in un solo campo che durante l’anno si trasformava in un campo di patate. Bisogna costruire delle nuove strutture a livello dei grandi club d’Europa. Una struttura da Ferrari ha bisogno dei pezzi di una Ferrari e non di quelli di una Seicento. Inoltre, bisogna sfruttare meglio il settore giovanile. Come è possibile che a Castellammare, a pochi chilometri da Napoli, sfornino giocatori come Donnarumma, Immobile e Quagliarella ed il Napoli invece faccia fatica a farlo? Quindi bisogna investire in questi due settori, non bisogna solo scoprire talenti in giro per il mondo. Fin ora il Napoli non ha quasi mai sbagliato gli acquisti importanti, ma prima o poi capiterà un errore e potrebbe essere fatale.”

Qual è la differenza tra il calcio di una volta e quello di oggi? A parte i soldi…

“Sicuramente dal punto di vista tattico c’è stata una grandissima innovazione. L’avvento della zona soprattutto. Poi il modo di giocare la palla. Al Napoli ad esempio il regista difensivo ero io. Ad oggi il regista difensivo lo sono tutti i centrali e alle volte anche il portiere. Questa situazione ad esempio ha portato a Napoli la famosa polemica Meret-Ospina, io farei giocare Meret e non Ospina solo perché magari è più bravo coi piedi. Invece l’intensità non è cambiata rispetto ai miei tempi. Proprio per questo dico che con la stessa intensità e senza più le marcature ad uomo, secondo me, ad oggi Careca farebbe 50 goal a campionato.”

Invece qual è stato il cambiamento in termini negativi?

“Ah sicuramente l’ambiente del calcio è peggiorato. I calciatori ad oggi sfuggono, non hanno più contatto con la gente. I procuratori poi stanno rovinando il calcio, hanno tutto in mano loro ormai.”

Quando giocava lei lo scudetto lo vincevano anche squadre come il Napoli, il Verona, la Sampdoria e il Torino. Ad oggi sarebbe possibile?

“Oggi non è più possibile. In Inghilterra è successo al Leicester perché lì c’è un’altra distribuzione del denaro, qui 5-6 squadre hanno monopolizzato le entrate. Poi il proprietario del Leicester era ricco, qui i presidenti difficilmente mettono i soldi di tasca propria. Le risorse nel nostro sistema sono distribuite male. Infatti sono 20 anni che non vincono lo scudetto squadre diverse da Milan, Inter e Juventus. Le grandi squadre pensano solo ai soldi e penalizzano quelle più piccole. In questa situazione causata dal Coronavirus molte società di Lega Pro e Serie D hanno bisogno di soldi, in Serie A nessuna grande squadra si è mossa per aiutarle.”

Chi sarà secondo lei l’allenatore del futuro?

“Non ho preferenze particolari e non penso ci sia una tipologia ben precisa di allenatore vincente. Gattuso è uno che mi piace molto. Le sue squadre hanno identità e lui si è molto evoluto come allenatore.  Ci sono tanti intellettuali in giro che danno etichette, ma per me Gattuso è un grande allenatore. Anzi, per prima cosa è un grande uomo che quello che dice poi lo fa.”

Quindi lei come lo vede il Napoli del futuro?

“Io darei fiducia al progetto Gattuso. In generale poi De Laurentiis ha un fiuto che gli permette di arrivare sempre un passo prima degli altri nelle scelte e nelle decisioni, questa è stata la forza del Napoli. Ma come ho detto prima servono gli investimenti, altrimenti se un giorno il fiuto viene a mancare sarà un fallimento. Infatti per me Ancelotti è stata l’unica scelta sbagliata.”

Per quale motivo Ancelotti è stata una scelta sbagliata?

“Su di lui mi sono già espresso, aver scelto il figlio come allenatore in seconda è stata la chiave dell’insuccesso del suo Napoli. Inoltre è stato uno schiaffo alla meritocrazia, nei confronti di chi crede in questa professione e fatica ogni giorno facendo la gavetta.”

Giovanni Frezzetti