
Dopo Diego solo malinconia
Se fossi Maradona di fronte a qualsiasi porcheria
non mi sbaglierei mai (sempre?)
Di Diego Maradona uno come me, nato nel 1997 sa ben poco. Un ragazzino nato a Napoli che incomincia ad appassionarsi al calcio non può che rivedere le sue gesta, quel magico palleggio sulle note di Live is Life degli Opus, il gol segnato all’Inghilterra. Tutte cose sensazionali, che non bastano però a descrivere Diego Armando Maradona.
La prima volta che ho capito chi fosse realmente il Pibe è stato il 9 giugno 2005, primo momento di luce dopo anni oscuri per Napoli. Già, perchè proprio dal 1997 incomincia forse quello che è il periodo più brutto della storia del Napoli, tra stagioni disastrose e retrocessioni umilianti, fino all’inesorabile fallimento in quel maledetto 2 agosto 2004.
Poi ecco il 9 giugno 2005: al San Paolo si tiene la festa di addio al calcio giocato di Ciro Ferrara, una delle ultime bandiere azzurre, costretto a lasciare Napoli per andare nella tanto odiata Juventus. Allo stadio ci sono numerose stelle azzurre e bianconere: da Careca a Giordano, per passare a Del Piero e a Zidane. Diego-dopo 14 anni di esilio forzato-viene chiamato a un certo punto da Ferrara: quello che accade dopo non si può descrivere.
I telecronisti si emozionano nel sentire il boato del San Paolo, le stelle juventine sono assolutamente senza parole: a emozionarmi, di Maradona, è sempre stato questo, l’incredulità del mondo nel riconoscere l’infinita grandezza di Diego e l’indissolubilità del suo legame con Napoli. L’infinita grandezza di un uomo con mille problemi.
Perchè Maradona è stato un uomo che ha sempre difeso i più deboli e non ha mai tradito, senza mai nascondere alcuna sua fragilità. Non si è mai tirato indietro, ha sempre affrontato la vita come nella canzone di Manu Chao, come una tombola. Maradona è caduto molte volte, ma si è sempre rialzato senza fare una piega; ogni avversario questo dice di Diego, uno che ha sempre preso calci ma che non voleva mai cadere. C’era la palla da rincorrere.
“Ho sempre dato il massimo per Napoli e i napoletani lo sanno. Se Ferlaino mi dava i soldi, eh!”. Sarà anche vero Diego, ma tu hai fatto altro: ti sei innamorato e hai fatto innamorare di te un intero popolo con la tua umiltà e generosità, e questo te lo ha riconosciuto il mondo intero.
L’ultima tua apparizione al San Paolo, un mesto Napoli-Bari che ogni napoletano ricorda e tramanda ai propri figli- ha lasciato solo malinconia. Dopo di te per 14 anni, fino a quel fatidico 9 giugno 2005, in casa mia come in tante altre case napoletane c’era solo tristezza: come adesso. Tu hai spodestato San Gennaro, quando Gerardo Scala diceva che “na fint e Maradon sqauglj o sang rint e ven”. Tu sei riuscito in quello che nessuno poteva. Tu forse veramente sarai eterno, ma con te se ne vanno 30 anni di legami con chi ti ha visto e magari oggi non c’è più. In questo sta la tua eternità: e che ci siamo persi, anche noi che siamo venuti dopo.
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