Appartiene alla storia del Napoli degli scudetti quasi quanto El Pibe de oro, di cui è stato grande amico. Il film “I ragazzi della curva B” è ispirato a lui per ammissione dello stesso Nino d’Angelo. E’ stato ricevuto da papa Giovanni Paolo II per meriti sportivi. Stiamo parlando della figura storica a capo degli ultras di curva b, animatore e regista di grandiose coreografie a supporto degli azzurri ai tempi d’oro.
Buongiorno Gennaro, come nasce la tua passione per il Napoli e come sei diventato capo degli ultras in curva B? – “Nel 1962 il Napoli, squadra di serie B, vinse la Coppa Italia, primo caso nella storia. Io avevo 4 anni e a casa mia si festeggiava assieme ai miei fratelli. Successivamente si giocò la Coppa delle Coppe ed incontrò la Stella Rossa. C’era l’argentino Tacchi, mio primo idolo, che segnò anche un gol da calcio d’angolo. Da quel giorno mi appassionai al calcio ed iniziai ad amare visceralmente il pallone. Dove sono nato, a Santa Maria Antesaecula, ero uno scugnizzo che tirava calci ad un pallone che andava a sbattere nella saracinesca del palazzo dove è nato il grande Totò. Sai come si dice, non tutto avviene per caso. Qualche anno più tardi passava per quelle strade una bella ragazza che cantava la canzone “Palummella, zompa e vola”. L’ammiravo, era bravissima, e lei mi chiese se mi piaceva la canzone. Da allora mi è rimasto questo soprannome, anche perché, poi, in curva saltavo da un’inferriata all’altra e sono sempre stato molto più conosciuto come Palummella piuttosto che con il mio nome di battesimo”
Quindi allo stadio andavi con tuo papà e i tuoi fratelli? – “No, solo i miei fratelli. Papà da buon lavoratore pensava a mandare avanti la famiglia e non era molto amante del calcio. Ci andò, invece, una volta – sempre con i miei fratelli – e se ne pentii. In quell’occasione durante una carica indiscriminata della polizia si beccò una manganellata e finì in ospedale. La partita era Napoli-Ascoli, anno 1980. La polizia caricò indistintamente tutti i tifosi, sia quelli che avevano i biglietti sia quelli che non l’avevano e che si accalcavano per entrare. Sai, io sono sempre stato contro la violenza e a favore delle istituzioni, ma in quell’occasione mi arrabbiai tantissimo. Fu una brutta esperienza per lui. Poco dopo, tra l’altro, papà se ne andò e mi resterà sempre il dispiacere per quello che gli successe. Ecco, lo sto dicendo ora per la prima volta, quella carica della polizia non mi suonò affatto bene”.
Tu hai rappresentato per tanto tempo il capo della curva B, come hai iniziato? – “Gli ultras nascono nel 1972. Ma all’inizio ad andare allo stadio eravamo solo io e 4-5 amici di S. Maria Antesaecula. All’epoca già mi chiamavano tutti Palummella. Ricordo che riempivamo le lattine di coca cola e aranciata con delle pietre e facevamo l’effetto tamburo, attorno a noi la gente batteva le mani e ci seguiva, ma eravamo poco più che bambini. Poi alcuni amici mi chiesero se volevamo entrare con gli ultras e facemmo la fusione dei vari gruppi, quelli del Vomero, di Fuorigrotta, quelli della Sanità. Del gruppo storico di S. Maria Antesaecula uno morì con un tuffo al Lido Ondina di Mergellina e fu una tragedia. Gli altri, piano piano, non mi hanno seguito più. Quindi la storia, quella storia, oggi è solo mia. Ultras 72 sono solo e soltanto io. Anzi, quando ho lasciato il tifo mi sono fatto restituire pure gli striscioni. Nel bene e nel male, chi è venuto dopo si costruisca la sua storia. Io non voglio accostamenti”.
Leggo un accento polemico…ci sono così tante differenze nel tifo tra gli ultras di ieri e quelli di oggi? – “No..non sono polemico. Gli ultras di oggi non li conosco, forse potrei parlarne solo per sentito dire visto che ho tanti amici fra loro e tante sono le persone per bene. Ma un tempo si era una sola famiglia, oggi non lo so, non credo sia più così. La verità è che io voglio bene a tutti i tifosi del Napoli, ma a quelli veri. Non ai fanatici o a quelli che vanno allo stadio per creare risse, o agli scapestrati che si drogano e che creano solo un danno al Napoli. Io sono contro ogni forma di violenza”.
La partita più bella per Palummella – “Non una ma 5 o 6. La prima sicuramente Juventus-Napoli 1 a 3, l’anno che capimmo che saremmo diventati campioni d’Italia. Poi quella col gol di Carnevale al San Paolo nella partita che sancì matematicamente il primo scudetto, quella col gol di Marco Baroni, quando capimmo che vincevamo il secondo scudetto. E poi la partita di coppa Uefa con un gol di Renica. Ritornando a Napoli-Juventus del 1986 che finì 3 a 1, con i gol di Ferrario, Giordano e Volpecina, quelli valsero lo scudetto ma anche la bellissima partita del 2018 con il gol di Koulibaly al 90° è valso lo scudetto, se consideriamo le ultime notizie sulla registrazione sparita del dialogo fra il VAR e Orsato in quel maledetto campionato. In condizioni normali sarebbe stato anche quello scudetto. E poi c’è anche il 4-0 all’Olimpico contro il Verona – nella finale di coppa Italia che vincemmo, anno 1975/76 – con i due gol di Savoldi, Braglia ed Esposito…ma è troppo difficile, ho visto 1000 partite!”
I tuoi campioni preferiti, di ieri e di oggi – “Maradona e subito dopo, al secondo posto, Bruscolotti. Oggi dico Mertens e Insigne, alla pari. La mia prima passione però è stata Omar Sivori. Quando arrivò al Napoli nel ’65 io avevo 7 anni ma mi faceva impazzire. La Juventus non voleva cederlo al Napoli e in quel caso furono molto bravi Fiore e Pesaola, che poi sono diventati due miei amici storici. Due grandi signori, due punti di riferimento importanti per me, come lo è stato Giorgio Ciccarelli, il mio vice in curva. Oggi ricorre il ventesimo anniversario della sua morte e lui è stato un fratello sugli spalti, la mia ombra per tutta la vita. Pensa che venne tutto il Napoli a dargli l’estremo saluto e c’erano anche Ferlaino e l’allenatore Novellino“.
Il tuo rapporto con Maradona – “Un grande e fraterno amico, oltre che un calciatore. Dopo tanti anni ci incontrammo e mi chiese “Ehi, ma tu, mi vuoi sempre bene?” Mi portò a mangiare fuori per il mio compleanno, trascorremmo una serata insieme, lo premiammo e ci immortalarono pure con un bacio goliardico che lui mi stampò sulle labbra a sorpresa! In quell’occasione anche lui mi disse che sono come un fratello…ma scherzi, sette lunghi anni e siamo stati insieme quasi tutti i giorni, sono stato anche al suo matrimonio”.
La scenografia più bella – “Sono stato il re delle scenografie. La più bella per me? Le banane al Verona – Loro con lo striscione “Vesuvio risorgi e distruggili tutti” io con le 20 mila banane e lo striscione “Giulietta e ‘na zoccola” – e poi una scenografia che oggi non rifarei: le 30 mila stelline. Dotai i tifosi di stelline, sai, quelle che si accendono a capodanno. Fui preventivamente convocato dal questore per avvertirmi che sarebbe stato pericolosissimo. Gli risposi di non preoccuparsi e che avrei garantito io l’operazione. Andai in curva col megafono e urlai che se quella scenografia avesse creato dei danni finivo direttamente in galera. Alla fine qualcuno (molti) si bruciarono ma la scenografia fu stupenda e non ci furono grossi problemi. E fu grande il questore a fidarsi di me”.
Chi è Gennaro Montuori oggi –“Uno che avanza con l’età. Sono contro la droga, contro la violenza e contro il razzismo, contro ogni tipo di prepotenza e a favore dei valori familiari. Ho un primo figlio di quasi 40 anni e un bimba di 6 che mi mantiene giovane. Ho 5 figli e nove nipoti, sono vedovo, ma poi ho incontrato una splendida donna e ora ho anche una bella bimba. Da 33 anni conduco un programma, unico caso al mondo, su tele A. Sono editore e direttore editoriale di “tifosi napoletani” e ho un sito molto bello a tema. Ho un club coordinamento fans partenopei del mondo, che ho creato io, e ne sono presidente onorario. C’è anche il club Napoli Champions con l’ex DS del Napoli Gigi Pavarese, il professor Tarro, Patrizio Oliva, Pino Porzio e tanta altra bella gente, tutti con un’unica grande certezza, la passione azzurra”.