Chi non ricorda Marittiello che, con la scusa di elemosinare 100 lire, si inventava le cose più strane…Marittiello è, oggi, un distinto signore, Michele Caputo, classe 1971, comico, attore e autore di Komikamente, cantiere aperto di aspiranti comici.
Cosa avevi in programma prima che Covid 19 rompesse a tutti le uova nel paniere?
“Avevo due spettacoli in corso, uno è Komikamente, un laboratorio di comicità e cabaret che porto avanti da 10 anni, dove conduco e mi esibisco assieme ad altri comici. Con 6 spettacoli a stagione mi mancavano gli appuntamenti di aprile e maggio ma, a questo punto, se ne parlerà direttamente l’anno prossimo. Ero in scena al teatro Salvo d’Acquisto al Vomero e presto avrei iniziato una tournee in provincia di Caserta”.
Tu hai preso parte a Zelig e Colorado…perché non a Made in Sud? -“Perché dal 2004 al 2011 ho partecipato a Zelig ed ero in coppia con Antonio (il duo comico Antonio e Michele era formato da Antonio D’Ausilio e Michele Caputo ndr). Facevamo parte della stessa agenzia. Poi Antonio nel 2011 andò via ed è ritornato, qualche anno dopo, a Tunnel e ha partecipato a Made in Sud. Io, invece, sempre con la stessa agenzia sono stato chiamato a Colorado che non ha mai fatto registrare grandi ascolti a Napoli. Forse solo Zelig negli anni d’oro ha avuto un buon successo in tutta Italia. Il fatto è che, col tempo, la comicità si è in un certo senso regionalizzata, in Campania funzionano i campani, nel Lazio i romani e via dicendo. Anche i comici più affermati hanno difficoltà a riempire i teatri fuori dalla loro regione d’origine. Zelig all’epoca ha toccato punte di 14 milioni di telespettatori, un record storico per una trasmissione del genere. Ma erano altri tempi e l’offerta era diversificata, il format accoglieva comici un po’ da tutte le regioni. Anche i tempi degli sketch erano diversi, oggi sono più brevi. La gente è abituata a vedere cose più veloci.
Quindi rivedremo Silvia e ‘Marittiell il tossico? – “No, il tossico non posso farlo più perché sarebbe anacronistico. Non ci sono più quei personaggi, non c’è più neanche la lira. Io me li ricordo, quando stavo nei pullman che facevo filone, me li ricordo bene. Per elemosinare 100 lire si inventavano le cose più strane del mondo. Oggi c’è il cocainomane, forse, ma è anche meno simpatico”.
Vai allo Stadio San Paolo? – “Si, andavo allo stadio, ci sono stato spesso come ospite, ho fatto per due anni l’inviato di “Quelli che il calcio” ma non sono proprio assiduo ultimamente. Anzi, secondo me col tempo il San Paolo ha perso un po’ di sacralità rispetto ad un tempo.”
Parlando di tempi sacri, tu hai vissuto l’epoca d’oro del Napoli, cosa ti ha segnato di quei momenti? – “Quest’anno sono 30 anni che vincemmo il secondo scudetto, io ho ricordi meravigliosi di quei momenti, amavo fare fotografie e conservo molte foto del tripudio di gente per strada con macchine verniciate d’azzurro, tricolori, pullman strapieni di persone con bandiere sventolanti. Penso di essere stato fortunato a vivere un momento di festa che si può definire molto “brasiliano”, dove tutte le persone sono state coinvolte, senza distinzione! Abbiamo vissuto un momento alto, grazie allo sport che ha coinvolto e unito tutti, rendendoli felici. Insomma, due scudetti a breve distanza non è una cosa comune da festeggiare e io che avevo 14 anni l’ho vissuto a pieno. Anche se…devo confessarti una cosa, a 8 anni ero juventino, come tutti i bambini che tifavano per la squadra vincente. Poi sono stato portato sulla retta via, fortunatamente”.
Se ti dico Maradona tu cosa mi rispondi? – “Ti dico semplicemente Napoli perché Diego ha assorbito in toto la città. Lui ha in sé una serie di contraddizioni che sono un tutt’uno con quelle di Napoli. Un uomo che ha avuto grandi problemi ma che, allo stesso tempo, è stato il più grande campione. Qualcuno oggi lo paragona a Messi ma è abbastanza azzardato. Lui mi riporta alla mente Napoli perché ne ha assunto tutti i tratti: la bellezza e la maledizione della bellezza…Napoli è meravigliosa e ha tanti problemi, difficoltà e contrarietà. E la citta lo ricorda ancora – e lo porta nel cuore – perché Maradona è diventato l’emblema stesso della città”.