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Le riflessioni di Gaetano (ma…il silenzio è d’oro?)

Io sono Armando Guarino e scrivo gialli, ma quando ero piccolino e facevo volare la mia fantasia mia nonna diceva a mio padre: ”ecco, sta facendo le riflessioni di Gaetano…”. Siccome non ho mai saputo chi fosse il “suo” Gaetano ne ho inventato uno io con il quale parlare del mio immenso amore per Napoli e il Napoli.

 

Un tabellone luminoso stamane era stato installato sopra al bancone del bar di Gaetano. Non ho capito subito che si trattasse di un countdown. In quel momento segnava 59 ore 48 minuti e 32 secondi. Non c’era bisogno che calcolassi quale fosse il momento zero. Era la partita finale. La partita.

Per una decisione soltanto politica, al riparo di un’ipotesi spareggio che è oltremodo che remota, la Lega Serie A aveva disposto che Inter e Napoli giocassero in contemporanea venerdì sera.

Sotto il countdown campeggiavano cartelli con scritte virgolettate: “Amma faticà”, “Abbiamo l’osso in bocca”, “Andiamoci a prendere lo scudetto”, “Stiamo compiendo un prodigio”, “Abbiamo fatto la torta e anche bene, ora manca la ciliegina”.

Tutte frasi di Conte dell’ultima conferenza stampa, un mantra evidentemente da seguire e ripetere in mente, come una preghiera per chiunque entrasse in quel bar.

Tra i cartelli, sciarpe azzurre che li collegavano e univano idealmente in una sorta di percorso mentale.

Non parliamo. Nessuno lo fa.

Gaetano mi vede e mi sorride. Indossa un grembiule azzurro, davanti una “N” napoleonica bianca risalta sul ventre leggermente prominente. Dopo qualche secondo, il cappuccino con la stessa N sulla schiuma è davanti a me. Accanto non il solito cornetto, ma una fetta enorme di torta al cioccolato, una sorta di caprese che la moglie sforna in occasioni speciali.

Anche io gli sorrido e mi gusto il dolce che già conosco per essere delizioso.

Una voce alle mie spalle mi spinge a voltarmi. Qualcuno sta ripetendo le scritte sui cartelloni ad alta voce. Un ragazzo lo avvicina e lo zittisce. Mi sorride. Ricambio.

Solo in quel momento noto che tutti sorridono, non a me. Sorridono e basta. Non parlano, non esultano, non gioiscono, ma sorridono.

È una strana sensazione che mi avvolge, ma lo farebbe con chiunque. Anche con una coppia di turisti stranieri che, entrati spaesati dalla coreografia, ora sono seduti a un tavolino e sorridono anche loro.

Finisco di fare colazione, saluto Gaetano con un cenno della testa, lui ricambia e sembra indicarmi uno dei cartelloni. Non capisco quale precisamente, ma non credo faccia differenza.

E mentre esco dal locale Raffaella Carrà canta la sua Pedro.

 

(Armando Guarino)

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