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Luciano Spalletti ha fatto salire la febbre azzurra

Il Napoli di Maurizio Sarri  ad un passo così da quel sogno che mancava da quasi trent’anni, ma gli si piegarono le ginocchia; ora è diversa l’aria che si respira con un Luciano Spalletti che ha lavorato ai fianchi e alla testa del Presidente, di Giuntoli, della squadra e dei tifosi.

Un lavoro freudiano che nasce dalla passione che l’ha spinto a   tornare sulla panchina. Una pausa da questo mondo del calcio che può causare nausea, per un lungo contatto con la natura, le vigne, la purezza dell’aria ma anche  con il tarlo che si faceva sentire. Nacque nell’inverno dello scorso anno in Tv  l’amore per questa squadra che già modellava a suo modo.

E non è casuale oggi la febbre azzurra che si respira in città dopo tanti, troppi anni di assenza di tifo vero  e silenzio accusatorio giustificati da un criticismo distruttivo per  depressi cronici e ciucciuvettoli di professione.

Chi è tifoso ama il Napoli come un contadino ama la terra e per Spalletti, oggi il Napoli è la sua terra con i suoi pregi e difetti. Di certo, avrà studiato qualche mossa tattica che avrebbe potuto fare e non ha fatto; o qualche cambio tardivo che poteva dare una svolta a qualche partita bloccata.

Ma Luciano Spalletti è andato oltre ogni più rosea previsione e da ‘garante’ del Napoli ha restituito alla città una squadra da amare che sbaglia ma non delude.

Si presenterà domani allo Stadio Maradona per ricevere il trofeo del mese come miglior allenatore di febbraio e poi il via per una sfida scudetto che passa anche attraverso quella personale con Pioli mai vittorioso da 15 anni e dopo 11 scontri. L’ultimo, il 19 dicembre a San Siro, con il gol di Elmas che significò anche la prima sconfitta interna della stagione.

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