Quando arrivano i francesi a Napoli, i lazzari, in quasi cinquantamila, alzano la bandiera sulla quale ci sta l’insegna del loro Santo protettore e per tre giorni si oppongono all’ingresso dei militari di Championnet. Finisce in un bagno di sangue. Siamo a gennaio, il 23, quando, dopo aver schiacciato i ribelli napoletani, il generale francese proclama la Repubblica napoletana, tra le feste e la soddisfazione dei giacobini cittadini, che per quella vittoria hanno combattuto contro i loro fratelli napoletani. Ebbene, per cercare di guadagnarsi l’appoggio di quei lazzari ormai sconfitti e pacificare la città, Championnet, da perfetto figlio di ntrocchia, anche perché i rivoltosi napoletani gli avevano soffiato «dint’â recchia» che i napoletani erano devotissimi al loro santo protettore e avrebbero accettato la presenza dei militari francesi se “faccia gialla” avesse dato segno di benevolenza nei loro confronti, organizza un “miracolo” di San Gennaro a suo uso e consumo. E così, va nel Duomo e “ordina” all’arcivescovo di dire messa e di cacciare le ampolle con il sangue del Santo. Eh, e qua sta l’inghippo: il sangue si squaglia o esce dal tabernacolo già squagliato. Quasi a voler significare che tutto quello che era successo era stato consentito da San Gennaro. Ma non finisce là. Quattro giorni dopo, il 27 gennaio, altra messa in duomo e altro scioglimento. Due miracoli, a pochi giorni di distanza sono troppi pure per il fedele più sfegatato. Tanto che le parenti, come racconta Alessandro Dumas, se ne stanno in prima fila, incazzate e senza parlare. Nemmeno un “faccia gialluta” esce dalle loro bocche. Quel santo è nu traritore: San Gennaro ha tradito i suoi lazzari, ha voltato la faccia al suo popolo, a quello che era fedele al re Borbone, e s’è fatto
Tutte le immagini in cui stava ritratto vennero sfregiate di brutto. le statue fatte “piezze piezze” e qualcuna, trascinata sino al mare con una fune stretta al collo, venne buttata nell’acqua, tutta intera. Il quindicennio con Sant’Antonio però non fu un granché. Miracoli e protezione stavano a zero. Specialmente quando si «inzammava la muntagna», il Vesuvio, contro la cui furia e lava Gennaro teneva, e tiene, una sorta di “prelazione di blocco”. Vale a dire che solo Lui, è capace di proteggere Napoli e i Napoletani dalla furia omicida del Vesuvio. E fu proprio l’accenno di una violenta eruzione che alla fine mise pace tra il Santo e il suo popolo che, nonostante avesse piazzato Sant’Antonio a protettore, sotto sotto continuava a adorare Gennaro e a volergli bene. Un amore, se vogliamo, reciproco. Sant’Antonio, difatti, si dimostrò impotente, quando alla fine del dicembre del 1813 la «Muntagna se scetaie» e minacciò Napoli da vicino: llà serveva San Gennaro. Ricordandosi che una statua era stata buttata in mare, alcuni pescatori si misero a dragare il porto. Ma la statua non usciva. E si ricordarono, allora, che sul ponte di Maddaloni ci stava un marmo con l’effigie del Santo. Andarono, la presero e la portarono di fronte alla lava. Che si bloccò. E così fini l’appicceco con San Gennaro tornato al proprio posto e Sant’Antonio che, seppure a malincuore, dovette capire che il fuoco e il Vesuvio non erano arte sua. Per fortuna di Napoli e dei napoletani.