Ancora parole di disprezzo, pronunciate dal giornalista Facci su Diego Armando Maradona. Si perché a tre settimane dalla morte del Pibe de Oro, una morte che ha commosso e stordito in più latitudini gli amanti del pallone e non, in Italia ancora si coglie la palla al balzo per qualche minuto di notorietà. Il conduttore de La Zanzara Giuseppe Cruciani aveva polemizzato sul clamore mediatico associato alla morte di Maradona dichiarando nel corso di un duetto con Parenzo nella sua trasmissione La Zanzara su Radio 24: “Ma dai, ma non ce ne frega un ca**o, sveliamo tutto, tu prima hai detto ‘perché emozionarsi così tanto per la morte di una singola persona? Muoiono 700/800mila persone al giorno, perché stracciarsi le vesti?’, me lo hai detto tu, ‘era anche un cocainomane’, mi hai detto tu ‘non si può piangere un cocainomane‘”. Giampiero Mughini, invece, dall’alto del suo scranno aveva sentenziato che Maradona: “Era un grandissimo atleta, drammatico e contraddittorio, è morto a 60 anni ma era sfatto, frantumato“.
A questo punto urge sottolineare un mancato “rispetto delle norme dettate a tutela della personalità altrui” (le sue frasi sono gravemente diffamatorie e lesive della dignità di un uomo che ormai, come noto, non può più difendersi), principio sancito all’art.2 della legge professionale n.69 del 1963, che ha istituito la deontologia e l’Ordine dei giornalisti. Certo, Il giornalista, al pari di tutti i cittadini, ha il diritto di manifestare il proprio libero pensiero ovunque. A patto, però, che non dimentichi di essere giornalista e di essere vincolato al rispetto delle norme deontologiche previste per il corretto esercizio del diritto di cronaca, evitando isteriche pulsioni personali che potrebbero ledere, più che se stesso, l’intera categoria.