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Una brutta storia a lieto fine: Walter Casagrande si racconta

E’ una delle tante storie di calciatori che grazie al successo, alla fama, al denaro, incappano in brutti giri e sono vittime di alcool e droga;  vuoi anche per amicizie sbagliate, tanti giovanissimi corrono il rischio, purtroppo, di entrare in un vortice più grande di loro che per molti conduce fino alla morte. E il racconto di Walter Junior Casagrande è un triste esempio:  chi è cresciuto alla fine degli anni ’80 lo ricorderà sicuramente con le maglie dell’Ascoli e del Torino. La sua vita vissuta sempre “al limite”: Walter, classe 1963, cresciuto nel Corinthians, amato dai tifosi delle squadre dove ha giocato, forte del suo talento da calciatore, fuori dal campo ha rischiato la vita per i suoi eccessi.

Vince e segna tanti gol, vive l’esperienza dei mondiali, quelli del 1982 quando fu convocato dal ct Santana ma, a causa di uno scandalo, fu mandato via. Nel 1986 gli fu data una nuova possibilità, ma non arriva in buone condizioni e dopo alcuni spezzoni di gioco viene relegato in panchina. Nel 1987 arriva l’esperienza Italiana: il presidente dell’Ascoli Costantino Rozzi lo acquista per un miliardo di lire. Il primo impatto non fu dei migliori, si presentò alla conferenza vestito da figlio dei fiori, facendo rimanere tutti stupiti,  ma il fiuto del gol lo fece diventare l’idolo della città. “Ad Ascoli – sottolinea Casagrande a ‘Sport Mediaset’ – ero davvero un idolo e lo sono tutt’ora: la città era piccola e stupenda. Sono stato benissimo, ai piedi delle montagne e vicino alle spiagge. Ho solo bei ricordi. Avevo un ottimo rapporto col presidente Rozzi”.

Nel 1991, Luciano Moggi, allora direttore sportivo dei granata, lo volle acquistare per la cifra di cinque miliardi e duecento milioni. Un grande Torino che termina al terzo posto in classifica e si fa valere anche in Europa. Dopo l’esperienza in Italia, torna in Brasile, ma Casagrande ritorna spento e demotivato; diventa opinionista, ma le ombre del passato ritornano, ed ecco che ricomincia a bere e a fare uso di sostanze stupefacenti. Esperienze di demoni e un gravissimo incidente, dove ha rischiato la morte, potrebbero condannarlo, ma con l’aiuto prezioso del figlio Victor Hugo, ne viene fuori. ” Oggi – dichiara – giro il Brasile raccontando la mia storia. La mia autobiografia è diventata libro di testo nelle università brasiliane, a Psicologia e Psichiatria. Collaboro a un progetto antidroga del governo del Cearà e una volta al mese vado a Fortaleza a parlare della mia esperienza: vengono a sentirmi anche 5000 persone. La cosa più bella è quando qualcuno mi ferma per strada e mi dice: grazie, mio figlio ha letto il tuo libro e ha deciso di cominciare a lottare. Oggi sono totalmente un altro uomo. Il mio terzo libro, si chiama ‘Incrocio, dall’inferno alla sobrietà'”.

Salvatore Colella

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